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    La bellezza produce sogni

    Siamo stati a sognare al Don Geppi di Sorrento

     

    Nato negli anni ‘60, l’Hotel Majestic di Sant’Agnello, Sorrento, è un gioiello che profuma di minigonne, Beatles – o Rolling Stones? – e Pop Art, sapientemente rivisti e fatti rivivere dagli interventi dell’architetto, nonché proprietaria, Giulia Rossano. Noi siamo stati suoi ospiti all’interno di uno dei due ristoranti dell’hotel, il Don Geppi.

    L’atmosfera è incredibilmente evocativa: tra il restauro della mobilia, il giardino e la piscina, si ha l’impressione di trovarsi al Don Geppi per rivedere la Ekberg dondolarsi tra i tavoli.

    Nel ristorante, diretto da Lucio D’Orsi, non manca la mistica del decennio de La dolce vita, film non a caso definito da Pasolini come “il più alto e più assoluto prodotto del cattolicesimo”.

    Ma badate bene: di mistica si tratta, non di nostalgia e revival posticci.

    Si prenda come riferimento il servizio: non c’è affettazione. Non c’è snobismo. La signorilità e la cordialità campana di D’Orsi e del suo staff impediscono manierismi.

    Si prenda ad esempio, ancora, la cucina dello chef Mario Affinita, da sempre seguito con amicizia da Gourmet Services e sostenuto nelle sue sperimentazioni sia dalla Rossano che da Lucio D’Orsi.

    Il percorso di Affinita si è sviluppato tra stage all’estero e sperimentazione sulle basi della tradizione, un mix che, shakerato col talento, hanno portato allo chef il riconoscimento della prima Stella Michelin.

    Mario è riuscito a legare la tradizione campana a tecniche d’ultimissima sperimentazione, creando un parallelo tra culture gastronomiche spesso agli antipodi. Nei suoi piatti la Francia e la Spagna partecipano all’esaltazione degli aromi sorrentini, in un ribaltamento di poteri che può esistere solo nell’arte culinaria – o meglio, soltanto nelle arti.

    Occupandoci di tecniche culinarie con la sua cucina ci siamo sentiti perfettamente a nostro agio - un po’ come le curve della Ekberg tra i marmi della Fontana di Trevi. La tecnica di Affinita è impeccabile, e passa dalle basi pure, che tanto hanno reso celebre Ferran Adrià quando si è servito del sifone, all’uso sapiente e non estremizzato della gelificazione.

    Che tratti carne o pesce, Affinita regala sorprese. E scherza con tradizione e cliente: il pomodoro diventa Finto, le alici s’accostano al manzo fassona e al limone, con un crumble di cacao a chiudere i fuochi pirici. Che dire poi dei tortelli? Un Bignami sull’esaltazione del merluzzo.

    Insomma, Mario Affinita sta spiccando il volo.

    La sua cucina è attenta e concentrata, come il setting del Don Geppi.

    Setting? No. Set.

    - - - - - - - - -- - ------- La Ekberg ancheggia tra i tavoli. Si bagna l’alluce nella vasca e lo ritrae. ------- --- --- - -- - - - - -- - - Quanto è bella/ bionda/ sensuale. ---- - -- - -- - -- Eppure sulfurea. Come la nostalgia di ciò che avremmo voluto vivere



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